Spirit of the North 2, il secondo capitolo del titolo d’avventura sviluppato da Infuse Studio e pubblicato da Silver Lining Interactive, è da oggi 8 Maggio disponibile su PS5, Xbox Series e PC (Steam / EGS).
In un mondo videoludico in cui le volpi parlano con gli spiriti e i paesaggi sono più espressivi di mille parole, si ritorna con Spirit of the North 2: un seguito che prometteva di ingrandire, migliorare e raffinare tutto quello che l’originale aveva lasciato in sospeso. Spirit of the North 2, è un titolo che mira in alto, fin troppo forse. E quando si tenta di volare troppo vicino al sole, il rischio di bruciarsi le ali è sempre dietro l’angolo. Qui non ci sono ali, ma una volpe e un corvo, una coppia strana e poetica che si lancia in un viaggio contemplativo e silenzioso in un classico mondo in rovina.
La base di partenza è chiara: prendere quanto fatto nel primo gioco (che per chi non lo conoscesse si trattava di un “walking simulator” poetico e minimale, ma carico di emozioni) e dargli una struttura open-world più ampia, più “giocosa” e più complessa. Il risultato? Un mix di luci e ombre. E se visivamente siamo ancora dalle parti della magia pura, a livello di gameplay qualcosa si spezza rovinosamente. Ma una cosa alla volta.
Non c’è una vera e propria introduzione. Nessun testo, nessuna voce narrante. Proprio come nel primo capitolo, anche in Spirit of the North 2 il giocatore viene catapultato nei panni di una volpe misteriosa, guidata da una forza ancestrale. Al suo fianco, come accennato sopra, un corvo. Non una semplice spalla, ma un vero compagno d’avventura che sarà fondamentale sia nell’esplorazione che in certi enigmi ambientali. Le interazioni tra i due non sono mai verbali, eppure parlano di fiducia, di collaborazione, di due creature completamente diverse che trovano un equilibrio tra loro.
La narrazione si fa interamente tramite ambientazioni, musiche e silenzi. Non serve una lore martellata in testa, ma sono le rovine, i templi, le nevi infinite e le ombre delle strutture antiche a raccontare cos’è accaduto. Ma se l’atmosfera rimane magica, la base del gioco inizia a scricchiolare sotto il peso di un’espansione che forse si poteva gestire decisamente in modo migliore.
Il primo grande cambiamento di Spirit of the North 2 rispetto al predecessore è la sua anima open-world. Se nel predecessore ci si muoveva lungo un percorso guidato, qui ci si trova davanti a un mondo enorme da esplorare liberamente. E la cosa, inizialmente, funziona. I biomi sono affascinanti, diversi l’uno dall’altro, con un’attenzione visiva che ha davvero poco da invidiare ai tripla A. Montagne innevate, vallate verdi, rovine dimenticate, spiagge e raggi di sole che filtrano tra gli alberi: il comparto artistico è una gioia continua. La colonna sonora, semplice ma azzeccatissima, amplifica le emozioni in modo sublime. Niente melodie epiche, ma note delicate, spesso minimali, che cambiano ritmo solo nei momenti chiave come le bossfight.
Il problema arriva quando si cerca di “giocare”. Perché Spirit of the North 2 impone al giocatore di esplorare questi paesaggi per trovare gli Spirit Wisp, elementi fondamentali per sbloccare i dungeon successivi. E qui il gioco implode. Non tanto per l’idea in sé, quanto per come viene gestita: esplorare il mondo non è divertente. I luoghi di interesse sono spesso scialbi, copiati e incollati, e privi di anima.
Gli enigmi ambientali sono inoltre troppo… troppo facili. Non c’è mai un momento in cui ci si senta realmente stimolati, né tantomeno sorpresi in alcun modo. E quando i dungeon richiedono sempre più Spirit Wisp, l’esperienza di Spirit of the North 2 si trasforma in un grinding costante mascherato da esplorazione. Un peccato, perché il mondo c’è, ma è come una bellissima cornice senza il quadro.
I dungeon sono forse l’aspetto più riuscito del gioco. Non tutti, ovviamente, ma quelli ben costruiti offrono un bel mix di esplorazione, puzzle ambientali (leggermente più stimolanti) e bossfight interessanti. È qui che lo spirito di Spirit of the North 2 trova finalmente un’identità più chiara. I combattimenti non sono mai al centro dell’esperienza, ma offrono quel pizzico di tensione che serve a spezzare la routine dell’open world.
Eppure, anche qui, non tutto fila liscio come l’olio. I boss sono visivamente ispirati, questo è sicuro, ma non mancano problemi tecnici anche gravi: bug che impediscono ai nemici di attaccare, comportamenti erratici, colpi che non vanno a segno o animazioni che si bloccano. E visto che alcuni di questi scontri durano anche dieci minuti, doverli ripetere per un glitch è una cosa che dire frustrante è riduttivo.
Ed è proprio questo il vero tallone d’Achille di Spirit of the North 2: la parte tecnica disastrata. Il gioco, semplicemente, non era pronto per uscire. Durante le 20 ore necessarie a finirlo, sono emersi bug di ogni tipo. A partire da glitch audio, con musica che scompare dopo una morte e non torna più, passando per problemi di illuminazione che rendono alcune aree totalmente buie, fino ad arrivare a intere porzioni di mappa che non vengono caricate correttamente, lasciando al posto di texture paesaggi grigi e vuoti.
C’è persino un bug ricorrente che riguarda uno dei boss principali, che nella sua ultima fase smette di attaccare, rendendo impossibile il completamento dello scontro se non riavviando tutto da capo. E il bello è che si tratta di uno scontro lungo e altamente difficile, da ripetere interamente più e più volte fino a quando una botta di fortuna non fa andare tutto per il verso giusto. Tutto questo mina profondamente l’esperienza e va a distruggere il mood meditativo che il gioco vorrebbe trasmettere.
E poi, c’è un sistema di auto-salto che, in certe aree, prende il controllo del salto per farti raggiungere automaticamente un punto designato… anche se non è quello che volevi. In un gioco dove l’esplorazione e la libertà di movimento dovrebbero essere sacri, una forzatura del genere è un vero e proprio calcio nelle parti basse. Insomma, se alcuni aspetti di Spirit of the North 2 mostrano notevoli migliorie dal primo capitolo, tanti altri sono un downgrade non da poco.
L’assenza di interfacce invasive, di inventari, di menù complicati è una scelta coraggiosa, e in parte vincente. Qui non si combatte per loot, non si macinano numeri: si esplora, si contempla e si ascolta. Ed è per questo che i bug e le meccaniche forzate fanno ancora più innervosire: perché rompono un incantesimo che aveva tutte le carte in regola per durare a lungo.
Spirit of the North 2 è un’esperienza piena di contrasti. Un gioco che voleva essere più grande e complesso, ma che perde qualcosa nella transizione. La magia c’è ancora, sepolta sotto montagne di Spirit Wisp da raccogliere e bug da sopportare. La colonna sonora accompagna l’esplorazione con grazia, il comparto visivo è sontuoso e il concetto di raccontare una storia senza parole è ancora potente.
Ma il gameplay, il cuore pulsante dell’interazione, è fin troppo malmenata. L’open-world, anziché essere un invito alla scoperta, si trasforma in una caccia al tesoro stanca e ripetitiva. I bug, in quantità, rovinano il flusso e affossano anche i momenti migliori. E quel senso di novità che il primo capitolo aveva (pur semplici) qui si perde nel tentativo di strafare. Sarebbe bastato meno, ma più attenzione. Meno collezionabili, più cura. Meno quantità, più qualità. E allora sì che questa piccola perla indie avrebbe potuto brillare davvero.
Un gioco che si salva per atmosfera e stile, ma che fallisce nel gameplay e nell’ottimizzazione. Non brutto, ma troppo imperfetto per meritare di più. Se amate i giochi contemplativi e siete disposti a perdonare molto, Spirit of the North 2 potrebbe regalarvi qualche momento di magia. Ma se cercate un’esperienza solida, rifinita e appagante… forse è meglio aspettare un po’.
6.5
Voto CGC
Recensione Spirit of the North 2
Spirit of the North 2 è un’esperienza piena di contrasti. Un gioco che voleva essere più grande e complesso, ma che perde qualcosa nella transizione.
La recensione è stata eseguita tramite Codice Review fornito dal Publisher/Sviluppatore/Agenzia PR/Distributore.