Slave Zero X, curato nello sviluppo da Poppy Works e pubblicato da Ziggurat Interactive, è ora disponibile su PS5, PS4, Xbox Series, Xbox One e PC (Steam / GOG). Una versione per Switch è in arrivo all’inizio della Primavera.
Nonostante Febbraio di questo 2024 sia stato caratterizzato da titoli di media-alta produzione, c’è sempre spazio per qualcosa di più indipendente, se si sa cercare. Slave Zero X è uno degli indie di questo mese, che ha attirato subito la mia attenzione, perché dal design delle copertine di gioco e dal gameplay ho notato una forte somiglianza con qualcosa a cui ho giocato di recente: mi riferisco a Vengeful Guardian: Moonrider dell’anno scorso, e al più remoto Blazing Chrome. Entrambi accomunati da contesti fantascientifici oppressi da regimi in cui la violenza scorre a fiumi… sotto forma di pixel, ovviamente.
In realtà, Slave Zero X è un gioco che affonda le sue radici con Slave Zero, uscito venticinque anni fa. Un gioco che all’epoca s’impegnava con un goffo 3D per rimanere in scia con il Mecha-genere di Armored Core e Zone of the Enders. Non propriamente un successo all’epoca, ma si sa, il tempo porta alla nostalgia e tende a far rivalutare il passato, perciò, nel corso degli anni, Slave Zero è diventato un piccolo cult tra gli appassionati del genere. Così, oggi, abbiamo Slave Zero X, un nuovo gioco della serie che si presenta come prequel del gioco del 1999, abbandonando le tre dimensioni e puntando su un 2.5D.
ENTER THE MEGACITY
Questa volta la storia parte da un momento in cui ancora gli eventi non richiedevano l’impiego di Mech grandi come le unità Eva di Evangelion. Nel prologo vediamo un misterioso personaggio che osserva una bio-tuta rossa dentro una teca, e senza sapere come, quando, e perché, ci ritroveremo catapultati nei panni di Shou: un protagonista che decide di abbandonarsi al patto simbiotico della tuta in cambio dei poteri necessari per combattere il tiranno SovKhan:. un violento dittatore che governa Megacity S1-9 senza farsi alcuno scrupolo negli spargimenti di sangue.
Slave Zero X porta in vita un mondo in cui orribili bio-macchine, conosciute come Slaves, sono pronte a diventare gli strumenti di guerra definitivi. Una banda segreta di guerrieri, nota come I Guardiani, spera di impedire che questi bio-mecha vengano scatenati nel mondo, ma uno spadaccino tra i loro ranghi ha un’idea diversa: usare l’arma del nemico contro di loro. Una storia sempre accattivante, ripresa direttamente da Vengeful Guardian: Moonrider, dove anche lì, uno dei Guardiani preposti al controllo autoritario sugli esseri umani, decide di ribellarsi e, in una missione di vendetta, sfiderà uno a uno i suoi “ex-colleghi” in puro stile Kill Bill.
SHOU TIME
Piccolo inciso prima di iniziare, ma paradossalmente è anche il punto di partenza: vedendo Slave Zero X mi piaceva ogni cosa e non vedevo l’ora di iniziarlo, ma è stato anche uno dei giochi più confusionari di sempre dal punto di vista del tutorial. Di solito si viene introdotti alle varie meccaniche in modo incrementale: affronti una situazione per imparare ad usare un potere, un’abilità, una mossa… Qui, si apprende nella maniera più frontale possibile ciò che il nostro Diavolo Rosso dovrebbe saper fare. Il gioco concede diversi menù contestuali fatti scorrere in sequenza per insegnare dal come si devono tirare le normali spadate, ad infilarti in rapida sequenza i concetti di barra EX, Fatal Sync, Cancel e Burst.
Insomma, un impasto di nozioni che io sinceramente avevo già dimenticato un minuto dopo, e il gioco stesso sembra essersene dimenticato perché il primo livello comincia senza nessuna curva d’apprendimento. Non che normalmente in un picchiaduro 2D a scorrimento ce ne sia bisogno, ma a quanto pare Slave Zero X sperimenta (almeno nelle intenzioni) un po’ di vicinanza anche con gli Stylish Game come Devil May Cry e Bayonetta.
Infatti, al termine delle varie sezioni, il gioco ti assegna un punteggio calcolato su determinati criteri noti al genere in questione. Un genere in cui solitamente farebbe pensare a una ricerca dello stile attraverso combo e mosse speciali che richiedono una certa abilità da parte del giocatore. Purtroppo, non c’è varietà nelle mosse del protagonista, che al contrario invece, è settato su attacchi piuttosto standardizzati che alla fine rimandano alla sana e ben più semplice pratica dello smashing del pad.
SCHIAVI DELLO SMASH
La triste verità di Slave Zero X è che la strategia suggerita pare essere anche l’unica via che offre il gameplay. Purtroppo nemmeno la progressione aiuta in tal senso, poiché anche lo Shop non offre nuove mosse da sbloccare. Questo servirà solo a comprare potenziamenti per la salute, la barra EX, colori alternativi per il personaggio, o filtri per la schermata di gioco. Sebbene l’interessante prospettiva in 2.5D durante l’esplorazione suggerisca qualche guizzo di regia, nei livelli non si fa altro che combattere alla medesima maniera. L’unica complicanza è data dall’aumento esponenziale del numero dei nemici, i quali vi potranno colpire ripetutamente senza sosta dato che non vi sono dei frame di invincibilità per dar modo al protagonista di riprendersi.
A tal proposito, mi è capitato più volte di rimanere incastrato in una sorta di gioco del rimbalzo tra una sponda e l’altra di nemici che giocavano letteralmente a pallavolo col mio corpo. A questo punto vi starete chiedendo: ma scusa, e tutte quelle EX move, Fatal Sync, Burst? A che servivano? Quasi irrilevanti. La barra dell’EX? Per attivarla bisogna premere in simultanea l’attacco leggero e pesante, e diciamo che, in un gioco dove il button-smash sembra l’unica via di riuscita negli scontri, non è sembrata l’idea più brillante per quanto riguarda lo schema dei comandi. Inoltre, questa non è altro che una versione più potente degli stessi colpi, ma il gioco non presenta alcuna informativa riguardo a questo effetto.
Sempre grazie all’EX, sarà possibile recuperare vita attraverso il Fatal Sync. Questa l’ho trovata una meccanica ben integrata con la natura selvaggia e brutale del gameplay di Slave Zero X. Aggiungerei, di vitale importanza, dato che non ci sono medi-kit sparsi in giro nei livelli. Il Burst? Nient’altro che un potere che permette di riempire immediatamente la barra dell’EX. Questo è simboleggiato con una sfera blu posta accanto alla barra della salute, e usandola andrà in pezzi. Praticamente un consumabile disponibile in caso di necessità.
Vi saranno anche dei consumabili quali bombe o shuriken, utili per variegare un po’ il gameplay, ma questi, purtroppo, andranno acquistati esclusivamente dallo Shop, obbligando a spendere preziosi crediti che, personalmente, ho sempre preferito investire in ambiti più prioritari, come la Salute o la Barra dell’EX. In ultima posizione, troviamo l’immancabile parry, che conferma la sua inutilità, dato che è possibile eseguirlo premendo il tasto del movimento in direzione del nemico. Peccato che questo sia settato, credo, con 1 o 2 frame di tolleranza, perciò, il rischio non ripaga come dovrebbe.
UN INFERNO DI TANTI COLORI
Slave Zero X presenta un comparto artistico realizzato con cura e passione, il suo lato migliore senza ombra di dubbio. Per gli amanti degli anime giapponesi, non può passare inosservata la ricerca di quel dettaglio carico fino all’eccesso. L’armatura da Diavolo Rosso è uno dei design più accattivanti che abbia mai visto in tempi recenti, e potrebbe davvero rimanere un personaggio iconico anche al di fuori del contesto di gioco. I livelli, come dicevo prima, non cambiano per struttura. Si combatte sempre alla stessa maniera, ma ogni tanto vengono presentate delle sezioni platform quasi del tutto superflue, in quanto non sono calibrate per esserlo.
Shou non è un personaggio acrobatico, l’unica sua peculiarità è saltare più e più volte sulla stessa parete, con la possibilità di scalare in verticale qualsiasi cosa premendo lo stesso bottone. Sicuramente è piacevole, invece, ritrovare in contrapposizione i fondali 3D con gli sprite disegnati a mano dei personaggi. In questo modo si vogliono omaggiare quei titoli tipici anni ’90 che desideravano integrare un 3D con quel sapore ruvido e ancora grezzo, ad un 2D invece in stato di grazia ma pronto a cedere il passo. Un incontro tra due stili che per definizione non potrebbero stare nello stesso contenitore. Il mondo distopico, praticamente bio-punk, di Slave Zero X ha uno stile Gigeriano nostalgico di un’era passata, ma ancora irresistibile.
PUÒ BASTARE UNA BIO-SUIT ROSSA ARMATA DI KATANA?
Non saprei… Onestamente, nonostante abbia descritto questo gioco con più critiche di quelle che mi sarei aspettato, continuo a ritenere che Slave Zero X abbia dalla sua un potenziale inespresso che, allo stato attuale, lo limita soltanto a quella nicchia che potrebbe essere rimasta infatuata dal fascino di tutto l’apparato estetico. Purtroppo, la restante parte della struttura di gioco non basta e rimane troppo superficiale.
Più la si paragona a titoli della stessa caratura, più ci si rende conto di quante cose non vadano come dovrebbero, a partire dal combat system, che è proprio il cuore del gioco. Penalizzato ulteriormente da quella vena, ricordiamo, da Stylish Game, che però non rispetta e, anzi, va proprio nella direzione opposta, deludendo chi, come me, si aspettava di poter esplodere in quel tipo di azione acrobatica, invece che ripetersi in modo stanco e noioso.
6
Voto CGC
Recensione Slave Zero X
Slave Zero X è un titolo artisticamente eccellente, ma dal potenziale inespresso, dove il gameplay stesso fatica a funzionare e rimanere interessante abbastanza da tener incollato il giocatore.
La recensione è stata eseguita tramite Codice Review fornito dal Publisher/Sviluppatore/Agenzia PR/Distributore.